In Italia non esiste attualmente alcuna forma di voto elettronico, sebbene sia stato lungamente sperimentato. Finora le esperienze più rilevanti di utilizzo dei computer nel processo elettorale sono state:
- Lo scrutinio eletronnico del 2006
- Il referendum regionale in Lombardia del 2017 (cosiddetto “dell’autonomia”).
Ambedue queste consultazioni sono state considerate notevolmente carenti dal punto di vista dei risultati, dell’organizzazione, della logistica e soprattutto della sicurezza.
In queste occasioni, così come nelle molteplici sperimentazioni, che con una certa regolarità fin dagli anni 2000 si sono succedute, è sempre mancata una analisi indipendente ed autorevole sull’andamento del processo. Quindi al di là di comunicati finali invariabilmente trionfalistici, ma poi nessun seguito, non è mai stato dato modo ai cittadini di conoscere realmente come il voto elettronico si è comportato e il potere pubblico ha brillato per la sua opacità, incapacità di analisi e spesso vera e propria omertà.
Di certo si sa solo che tutti gli impegni economici in questo campo sono stati, fino ad oggi, sostanzialmente a fondo perduto, con assegnazioni non sempre trasparenti e con risultati mai chiaramente verificabili.
Nonostante questo periodicamente il tema del voto elettronico ritorna alla ribalta.
Punto distintivo del programma elettorale del Movimento 5 Stelle, l’attuale portata del voto elettronico è notevolmente ridimensionata e affidata ad un finanziamento speciale di 1 milione di euro per una ennesima sperimentazione con una “simulazione” limitata agli ambiti del voto per gli “assenti” (i connazionali fuori dagli confini o i fuori-sede).
Il carattere di simulazione svuota, ovviamente, di ogni valore la proposta che è, di fatto, un passo indietro rispetto alle sperimentazioni reali su campo fatte già a partire dagli anni 2000 in Trentino o in Puglia.
Le recenti “Linee guida per la sperimentazione del voto elettronico” emesse il 25 maggio 2021 e che successivamente il Ministero dell’Interno e il Ministro per l’Innovazione Tecnologia e la Transizione Digitale hanno approvato con decreto del 9 luglio 2021 non sembrano altro che una stanca riproposizione di pour-parler sull’argomento, senza nessuna reale portata sistemica: la chiusura di un atto dovuto con cui si tumula definitivamente il discorso iniziato con le roboanti pretese del Movimento Cinque Stelle alle ultimi elezioni politiche.
Come sempre, e come il CRVD non si sforza mai abbastanza di denunciare, anche queste ultime proposte evitano accuratamente una analisi giuridica della costituzionalità del voto, limitandosi ad affrontare il problema solo dal punto di vista organizzativo e tecnologico.
R.I.P.
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