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Non c’è nessun bug a Roma, è che non sanno fare i programmi!

Smettiamola, per carità di Patria, di parlare di bug del software. Programmi di questo tipo non possono avere bug! Non perché i bug nel programma dovrebbero non esserci, anzi è praticamente certo (lo dice la teoria) che un qualche bug ci sia, ma perché sistemi di tale importanza devono essere realizzati per poter funzionare anche in presenza di bug, attraverso tecniche di replicazione e robustezza del software.

Se un bug ferma un processo così importante come il voto allora è un processo fatto male, pensato male, realizzato male, progettato male, controllato male e commissionato male. Senza alcun appello. Gli amministratori che l’hanno commissionato non devono dimostrarci che c’è un bug, ma cosa hanno fatto per evitare che tutto funzionasse anche in presenza di un bug. E cosa hanno fatto lo abbiamo capito benissimo: niente!

Certo, software fatto bene costerebbe molto, anche di un ordine di grandezza di più di quanto è solitamente pagato. Purtroppo questo tipo di commesse informatiche pubbliche sono solitamente avvolte nella più assoluta opacità e non esiste alcun motivo per cui sia così. Dovrebbe essere tutto esposto alla luce del sole.

E qui si innesta il discorso sul voto elettronico (di cui fortunatamente non stiamo parlando in queste elezioni). Con questo tipo di andazzo nelle commesse pubbliche nessuno può attendersi che il software per un sistema di voto elettronico sia fatto “bene”,perché ancora questi progetti pubblici vengono gestiti con la massima opacità.

Quindi per favore non parliamo di bug, parliamo di committenti incapaci di commissionare un software complesso.

Questo è.

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