La lettera del CRVD ai Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati di Roma e in fondo a questa stessa pagina la risposta del Presidente del Consiglio dell’Ordine e la replica del segretario del CRVD.
Come è andata a finire?
Non abbiamo ricevuto risposta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ma il Presidente non ha presenziato all’evento. Chissà perché hanno ritenuto così inopportuna questa partecipazione.
Al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma
Buongiorno,
Vi scrivo come segretario del Comitato dei requisiti del voto in democrazia.
Siamo un gruppo di tecnologi, giornalisti, studiosi, giuristi, ex-parlamentari e attivisti dei diritti civili, uniti dalla convinzione logica ed assiologica che la Democrazia si realizza in presenza di specifici e collaudati requisiti.
I grandi vantaggi che l’innovazione tecnologica può portare alle società democratiche sono anche gravidi di pericoli. Siamo in allerta di fronte alla faciloneria di molti tecnici e tecnocrati (e purtroppo sempre più spesso anche dei politici che mal maneggiano i risvolti sociali di queste innovazioni) che può mettere in grave crisi le fondamenta stesse della democrazia.
Lo scorso anno, a seguito delle elezioni, ma prima della formazione dell’attuale governo abbiamo fondato il comitato perché ci era chiaro che il tema del voto elettronico sarebbe prepotentemente entrato in scena. Era solo questione di tempo.
Rispetto ai problemi della giustizia o dell’informazione, il voto elettronico potrebbe sembrare un problema “casalingo”, ma è un modo per picconare l’’universalità del diritto alla conoscenza dei cittadini.
Il contrasto al voto elettronico per noi non si basa sulle sue debolezze tecnologiche (di cui pur siamo perfettamente consapevoli), ma perché rappresenta una sottrazione di conoscenza sul processo elettorale per il cittadino. Una sottrazione irreversibile e definitiva.
Siamo confortati in quest’analisi da una sentenza del 2009 della Corte Costituzionale tedesca (che ci siamo impegnati a tradurre integralmente in italiano) che sostiene quanto segue: «La legittimità democratica delle elezioni richiede che gli eventi elettorali siano controllabili in modo che la manipolazione possa essere esclusa o corretta e il sospetto ingiustificato possa essere confutato. Questo è l’unico modo per facilitare una fiducia ben riposta nella sovranità della corretta formazione dell’organo di rappresentanza. L’obbligo da parte del legislatore e dell’esecutivo di garantire che la procedura elettorale sia stata concepita in coerenza con le norme costituzionali e che venga attuata correttamente non è sufficiente di per sé per conferire la legittimità necessaria. Solo se l’elettorato può convincere se stesso in modo affidabile della legittimità dell’atto di trasferimento, se le elezioni sono quindi attuate “davanti agli occhi del pubblico”, è possibile garantire la fiducia nella sovranità del Parlamento, perché composto in modo corrispondente alla volontà degli elettori, necessaria per il funzionamento della democrazia e la legittimità democratica delle decisioni statali. In una repubblica le elezioni sono una questione che riguarda l’intero popolo e una preoccupazione comune di tutti i cittadini. Di conseguenza, il monitoraggio della procedura di elezione deve essere anche un problema e un compito del cittadino. Ogni cittadino deve essere in grado di comprendere e verificare i passaggi centrali nelle elezioni in modo affidabile e senza alcuna conoscenza tecnica speciale». [1] Abbiamo riassunto il tema in quest’articolo. [2]
Sapevamo che il Movimento 5 Stelle voleva promuovere questa “innovazione democratica” del voto elettronico. (ne seguiamo le fasi sul blog https://blog.crvd.org/).
Secondo Grillo, Casaleggio, Di Maio, Brescia, per non parlare di quel sottobosco di “esperti prefabbricati”, un’elezione con 70 votanti (nella città svizzera di Zug) oppure una di 144 militari (in West Virginia) oppure addirittura elezioni mai avvenute (in Congo) o un banale concorso tra progetti con voto non anonimo (a Tsukuba) sono esempi mirabili di democrazia “diretta”. Queste per ora sono le uniche referenze citabili. Anche su questo abbiamo avuto modo di pubblicare un articolo, svelandone la natura di fake news. [3]
Il nostro intento di Comitato non è neppure quella di prendere posizione contro il voto elettronico, ma piuttosto riuscire ad ottenere che su questo si pronunci chi avrebbe i titoli per farlo, ovvero la Corte Costituzionale italiana.
Infatti in Germania il percorso con cui si giunse, in un primo tempo, all’adozione del voto elettronico fu attraverso adeguamenti giuridici ad hoc su pressione dei produttori di apparecchiature elettroniche. La Corte Tedesca infatti riserva una dura reprimenda al potere esecutivo per aver adottate queste così rilevanti innovazioni istituzionali senza neppure coinvolgere la Corte Costituzionale. In Italia quindi potrebbe succedere la stessa cosa. Le schede cartacee potrebbero essere sostituite non attraverso un processo parlamentare, ma banalmente con semplici manovre ministeriali.
Il Presidente della commissione affari costituzionali Giuseppe Brescia ha organizzato alla Camera dei Deputati il prossimo 12 Marzo un “evento”, di cui le accludo la “pubblicità”, senza alcun contraddittorio. Non è stato invitato un costituzionalista, non un esperto di sistemi politici. È stato invitato un solo professore universitario (che però sostiene i propri sistemi di voto elettronico) e un comodo “esperto prefabbricato” ex consulente del suo stesso partito, ex consulente di un assessore romano del M5S, e che vanta nel curriculum addirittura «una buona conoscenza del linguaggio html» tanto che deve vantare un qualifica di esperto “blockchain IA” (pur essendo stato nominato dal MISE di Di Maio solo nel gruppo di esperti di IA e non in quello della blockchain) per sembrare qualificato a parlare di voto con la blockchain, tema che è specificamente nelle mire di Davide Casaleggio (si veda [4]).
Mentre sono state escluse, non dico le voci critiche come la nostra (eppure ampiamente titolate a parlarne per l’esperienza più che decennale sull’argomento) anche qualsiasi altra voce della società civile, dell’accademia o giuridica con documentabile esperienza sul campo, viene però concesso un ampio palcoscenico a tre aziende commerciali, le cui capogruppo sono tutte estere (tra cui la Smartmatic, già “usata”, grazie all’accordo di scambio con la Lega, per il fallimentare voto del referendum lombardo, che è la società che ha gestito il voto “bolivariano” del Venezuela di Chavez e Maduro, e che è stata invitata, in modo alquanto irrituale qualche settimana fa per un incontro privato alla Camera dall’on. Brescia).
Sembra essere un vero e proprio accerchiamento per il direttore (di nomina politica) dell’Agenzia per l’Italia Digitale, invitato all’evento, cosa particolarmente inquietante nel disegno di introduzione dell’innovazione democratica senza contraddittorio politico o confronto istituzionale con la Corte Costituzionale. L’AGID è infatti già stato impegnato a «trovare una soluzione» al problema del voto degli italiani all’estero (un vero e proprio cavallo di troia del voto elettronico, sebbene altri approcci, come quelli usati da Francia e Germania, sarebbero molto più efficaci).
Fatta questa lunga ma doverosa premessa, viene da chiedersi a che titolo il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma Antonino Galletti si trovi in questo consesso puramente promozionale. Non è da ritenere che la partecipazione possa essere percepita come impropria e considerata quindi dichiaratamente di parte su un tema di così grande importanza per il futuro dell’Italia? Quale ruolo è stato chiesto di assumere al Presidente dell’Ordine in questa palese promozione di natura commerciale? Come comitato, ma anche come semplici cittadini, gradiremmo una risposta.
Con immutata stima,
Emmanuele Somma
Comitato per i requisiti del voto in democrazia
[1] https://crvd.org/sentenza-incostituzionalita-voto-elettronico/
[2] https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/voto-elettronico-lerrore-e-farne-un-prblema-tecnologico/
[3] https://www.agendadigitale.eu/documenti/voto-elettronico-in-italia-tutte-le-fake-news-che-distorcono-il-dibattito-politico/
[4] https://blog.crvd.org/al-direttore-di-lettera43-in-merito-dichiarazioni-di-casaleggio-sul-voto-elettronico/
La lettera spedita è qui la locandina dell’evento è riportata in fondo a questa pagina
La risposta dell’Avv. Antonino Galletti, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ricevuta sull’indirizzo PEC personale del segretario del CRVD.
Gentile signore,non la conosco e non comprendo perché mi scriva al mio indirizzo di posta privata e, sopratutto, perché coinvolga il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma su questioni che nulla hanno a che vedere col ruolo istituzionale dell’Ordine forense romano.In relazione alla circostanza alla quale fa riferimento, preciso di essere stato invitato dal Presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera a rendere una testimonianza sul funzionamento del voto elettronico per le elezioni forensi, essendo stato sperimentato con successo dal 2012.
Le posizioni Sue e del Comitato che Ella rappresenta non mi interessano così come non mi interessano quelle del M5S.La diffido espressamente dall’affermare che l’Ordine forense che rappresento partecipi ad eventi promozionali di qualsivoglia partito e, in generale, dall’attribuire all’Ordine forense romano posizioni che non ha mai sostenuto.In assenza di una formale nota di scuse, mi riservo di agire in ogni sede per la tutela dei diritti e degli interessi miei e del Consiglio che rappresento.Distinti saluti.
Avv. Antonino Galletti
Patrocinante in Cassazione
Studio Legale Galletti Law
Piazzale Don Giovanni Minzoni n. 9
00197 Roma
La replica del segretario del CRVD
Gentile avvocato,
scrivo all’indirizzo che ho trovato sul sito dell’ordine del quale lei ha un ruolo pubblico.
Lei non è presente in quell’evento in quanto cittadino, o indicato come esperto del sistema elettorale dell’Ordine, ma viene presentato come Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, come può constatare dalla locandina diffusa per l’evento che le ho opportunamente allegato.
Essendo presente in qualità di Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma ho pensato che la cosa dovesse interessare tutto il Consiglio dell’Ordine.
Se c’è stato un difetto di comunicazione non può essere certo biasimato il sottoscritto.
Come può ben dedurre dalla lettera non ho affermato nulla di quanto dice, ma ho chiesto ai diretti interessati, e quindi anche a lei, qual era il modo con cui leggere questa sua presenza, che ripeto non è stata propagandata come a titolo personale.
Non vedo quindi di cosa dovrei scusarmi, né formalmente né informalmente. Attenderò quindi con tranquillità quello che lei o il Consiglio dell’Ordine potrà voler fare a seguito della mia lettera.
Grazie molte dell’attenzione e buon lavoro,
Emmanuele Somma
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