Intervista ad Andrea Gratteri, docente di Giurisprudenza dell’Università di Pavia
DI STEFANIA MASSARI (11 OTTOBRE 2017)
da L’Indro
http://www.lindro.it/la-lunga-marcia-del-voto-elettronico-che-prosegue/
In Italia si è cominciato a parlare di voto elettronico solo agli inizi degli anni ’80. Tuttavia, bisogna evidenziare che il dibattito non è stato estremamente esteso e l’iniziativa legislativa è stata piuttosto limitata.
“Gli aspetti da tenere in considerazione sono probabilmente due”, ci dice Andrea Gratteri, docente di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, “Uno è un aspetto più tecnico che riguarda le questioni relative alla sicurezza, ai vantaggi e agli eventuali problemi causati dal voto elettronico; l’altro riguarda la concezione stessa della democrazia perché, spesso, nelle intenzioni di alcuni c’è l’illusione di nuove forme di consultazione per consentire la valutazione delle opinioni dell’elettorato attraverso il voto elettronico. Si tratta di un’illusione, innanzitutto perché il voto elettronico, così come viene sperimentato ora, rimane legato necessariamente alla sua forma presidiata, e poi perché l’introduzione di una democrazia permanente, dove i cittadini sono costantemente consultati su tante questioni, è solo astrattamente possibile nella realtà e ciò porterebbe più svantaggi che vantaggi”, prosegue Gratteri.
Nonostante l’iniziativa legislativa è stata piuttosto limitata, sono state avanzate al Parlamento italiano delle proposte di legge per garantire l’utilizzo del voto elettronico durante le elezioni.
Una ricostruzione delle proposte di legge, che va dagli anni ’80 ad oggi, ci viene fornita nella tesi di laurea presentata all’Università degli Studi di Padova da Paolo Carlotto e intitolata ‘Problemi delle democrazie contemporanee: il voto elettronico‘.
I primi disegni di legge vennero presentati nel 1984, 1985 e 1988. Alcuni dei progetti proponevano l’introduzione di procedure automatizzate per le operazioni di spoglio e conteggio dei voti, altri ipotizzavano una completa automazione delle procedure elettorali.
Precisiamo subito, che secondo la definizione del Consiglio d’Europa, per voto elettronico deve intendersi un’elezione o un referendum che coinvolga l’uso di mezzi elettronici nelle espressioni di voto, e non solamente nello spoglio o nel conteggio, come correttamente precisa il documento dell’Università di Padova.
La maggior parte di tali proposte prevedeva che l’elettore esprimesse il proprio voto tracciando un segno sulla scheda cartacea a fianco della lista e dei candidati prescelti e, successivamente, all’atto dello scrutinio la scheda venisse letta da un lettore ottico. Un’altra proposta di legge richiedeva che l’elettore avrebbe dovuto inserire una scheda cartacea all’interno di una macchina e poi, premendo con un dito sul simbolo del partito e del candidato, avrebbe espresso il proprio voto. La macchina avrebbe, quindi, restituito all’elettore la scheda votata che andava poi deposta in un’urna e scrutinata elettronicamente da un apposito lettore ottico.
Nessuno di questi progetti di legge, però, è diventato una legge vera e propria e, quindi, non si è mai giunti all’automazione del procedimento elettorale.
“In Italia non è mai stato introdotto il voto elettronico a livello nazionale e sono stati fatti solamente alcuni piccoli esperimenti. Gli entusiasmi originari, spesso, si sono spenti a causa di problemi significativi legati alle potenzialità del mezzo. Se da un lato lo strumento può essere utile, dall’altro presenta problemi di difficile soluzione rispetto alla piena sicurezza e all’affidabilità del sistema. Per questo motivo in Italia non è mai stato introdotto o regolamentato e non si è mai andati oltre alla mera proposta di questo strumento”, continua Gratteri.
Dopo gli anni ’80, però, altri disegni di legge sono stati proposti a livello regionale.
Nel 1993 un disegno di legge di iniziativa governativa venne approvato al Senato, ma si arrestò alla Camera dei Deputati. Il disegno di legge prevedeva che, in tutti i seggi istituiti nel comune di Amelia, in provincia di Terni, le operazioni di voto e di scrutinio per i referendum abrogativi del 18 e 19 aprile 1993 si sarebbero dovuti svolgere tramite apparecchiature elettroniche touch screen. Al termine delle votazioni, il sistema elettronico avrebbe automaticamente calcolato e stampato i risultati delle votazioni.
Nel 1997 il Ministero dell’Interno ha promosso, durante le elezioni amministrative dei Comuni valdostani di Arnad, Courmayeur, Issime, La Salle e Valsavaranche, l’utilizzo di dispositivi informatici in sostituzione a strumenti tradizionali, quali schede e certificati elettorali cartacei. Il voto elettronico fu espresso in cabine dotate di videoterminali capaci di registrare il voto e di effettuare in forma informatizzata anche lo scrutinio.
Un nuovo test di voto elettronico si è tenuto nel Comune di San Benedetto del Tronto, in occasione delle elezioni regionali del 16 aprile 2000. Gli elettori di una singola sezione elettorale, circa 900, sono stati invitati a ripetere il loro voto, ovviamente senza alcun valore legale, utilizzando un computer touch screen, con un sistema che prevedeva anche una conferma finale al termine dell’operazione di voto. L’altro esperimento ha coinvolto quattro comuni sardi in provincia di Cagliari (Ortacesus, Guamaggiore, Escolca e Serri) dove gli elettori hanno ripetuto il loro voto sia su schede cartacee sia su supporto digitale.
Nel 2005, invece, è stato attuato un nuovo progetto denominato ProVotE. La prima applicazione di tale progetto è avvenuta in occasione delle elezioni amministrative del marzo di quell’anno in cinque Comuni (Trento, Coredo, Fondo, Baselga di Pinè e Lomaso) e ha coinvolto circa 7.300 elettori. La sperimentazione, senza valore legale, si basava sulla ripetizione dell’espressione del voto per mezzo di una macchina ‘eVoting’ che provvedeva anche a stampare una copia della scheda elettorale votata che rimaneva all’interno della macchina. In questo modo, l’elettore poteva controllare la correttezza del voto espresso. La stessa sperimentazione è, poi, proseguita nel novembre 2005, nel Comune di Daiano e nel 2006 nei Comuni di Peio e Cavedine.
Il 27 luglio 2007, fu approvata, in Valle D’Aosta, in Trentino Alto-Adige e in Friuli Venezia-Giulia, una Legge regionale sullo svolgimento dei referendum consultivi in materia di circoscrizioni comunali, voto e scrutinio elettronico, che ha disposto che nei referendum sull’unione di differenti Comuni potevano essere utilizzati sistemi di voto elettronico, fermo restando il rispetto dei principi costituzionali della personalità, della uguaglianza, della libertà e della segretezza del voto “dopodiché questi tentativi regionali non hanno prodotto risultati. Si è arrivati ora in Lombardia all’approvazione di questa legge che prevede il voto elettronico solo in caso di referendum relativi o alla fusione di Comuni (in genere referendum che non hanno un’intensità politica particolarmente marcata pur avendo un effetto vincolante) o referendum di carattere consultivo. Questo perché in Italia sono state svolte delle consultazioni di carattere sperimentale su piccola scala, quindi non particolarmente significativi”, prosegue Gratteri.
La caratteristica comune delle sperimentazioni fin qui citate è quella di avere una dimensione locale nella quale si è sempre coinvolto un numero limitato di elettori e ciò non ha permesso di sperimentare il voto elettronico anche al di fuori dei confini nazionali.
Successivamente, le sperimentazioni avvenute in Italia hanno coinvolto un bacino più ampio di elettori. Il progetto E-Poll, ad esempio, proposto dall’Unione Europea ha visto il coinvolgimento di alcuni Comuni italiani (Avellino, Campobasso, Cremona, Ladispoli e Specchia). Il progetto consisteva nella realizzazione di una cabina elettorale elettronica, nella creazione di un database centralizzato e di un sistema elettronico di conteggio dei risultati al termine della votazione. In questo modo, oltre a velocizzare le procedure di raccolta e conteggio dei voti, si è raggiunto un importantissimo risultato: quello di consentire ad ogni singolo cittadino di votare da un qualsiasi seggio elettronico situato sul territorio nazionale senza spostarsi fisicamente dal luogo di origine.
Nel 2004, 2005 e 2006 vennero approvate tre leggi che permettevano la sperimentazione di una procedura di rilevazione informatizzata dei risultati elettorali in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo, delle elezioni amministrative e di quelle politiche. Il Governo italiano ha cominciato a sperimentare una diversa forma di automazione della procedura elettorale. Il voto è stato espresso attraverso schede cartacee, ma la sperimentazione ha riguardato le operazioni di scrutinio e la trasmissione dei dati, attraverso una procedura di rilevazione informatizzata e di invio telematico dei risultati direttamente dai seggi elettorali ad un Centro servizi nazionale.
Nel 2010 venne presentato, invece, un disegno di legge che prevedeva la possibilità per i cittadini italiani residenti all’estero di votare presso ambasciate e consolati italiani mediante sistemi elettronici.
Nel 2015 è stata presentata al Senato una proposta di legge denominata ‘Disposizioni per l’introduzione del voto elettronico per i cittadini italiani residenti all’estero‘, da parte del Senatore Antonio Razzi, che prevedeva l’introduzione del voto mediante procedimento elettronico per consentire agli italiani residenti all’estero di votare personalmente, presso l’ambasciata o il consolato italiano.
Nel 2016 il Senatore Giovanni Mauro ha presentato al Senato un disegno di legge dal titolo ‘Modifiche alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero mediante procedimento elettronico‘ per garantire l’introduzione del voto elettronico (già in uso in Estonia e Lettonia) e per consentire agli italiani residenti all’estero di esercitare il proprio diritto al voto recandosi nelle sedi opportune.
Quest’anno, invece, giace in Parlamento una proposta di legge dal titolo ‘Disposizioni per favorire il diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero mediante l’introduzione del voto elettronico ‘ presentata dal Senatore Fausto Guilherme Longo, che è ancora in fase di assegnazione e che, secondo fonti parlamentari, verrà discussa prossimamente.
Dunque, i tentativi sull’introduzione del voto elettronico proseguono, ma il dibattito resterà ancora aperto, anche perché permangono delle resistenze da parte dei diversi Paesi europei.
“Secondo questi Paesi il voto elettronico ha dei pregi, però presenta anche degli inconvenienti. I pregi sono: l’eliminazione di un’intermediazione da parte del personale del seggio e quindi l’eliminazione di rischi e di eventuali errori o di brogli elettorali da parte del personale del seggio. Si elimina, inoltre, l’errore inconsapevole da parte dell’elettore e non ci sarà più bisogno di interpretare la sua volontà. Lo svantaggio è legato al carattere elettronico, perché l’elettronica non sempre dà garanzie di precisione e trasparenza del procedimento elettorale sufficienti. Questo è il motivo per cui molti Paesi, che in questi anni hanno investito sul voto elettronico, hanno fatto marcia indietro. Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Germania, Finlandia, per citare alcuni Paesi europei, sono tornati indietro. Altri, invece, continuano ad investire, come l’Estonia, ma comunque si tratta della minoranza di Paesi europei”, ci dice il docente.
Allora perché si insiste così tanto sull’introduzione del voto elettronico? “In generale l’obiettivo che il voto elettronico si promette di raggiungere può essere quello di una semplificazione del sistema di voto e il tentativo di rendere più sicuro il procedimento elettorale come qualsiasi altra forma di automazione del voto. Anche il voto elettronico mira ad eliminare quella mediazione del personale del seggio che può essere la causa di errori o di brogli al momento dello scrutinio“, ci dice Gratteri.
In termini operativi, però, bisogna capire se c’è differenza fra il voto elettronico e il voto tradizionale, anche perché l’introduzione di apparecchiature elettroniche può presentare una difficoltà notevole nell’utilizzo, a partire dalle persone anziane che, solitamente, non hanno dimestichezza con questo tipo di tecnologia.
“In termini operativi non c’è molta differenza. L’elettore si trova a votare davanti ad uno schermo, su un tablet, che riproduce più o meno fedelmente quella che è normalmente la scheda elettorale. L’unica differenza sta nel fatto che, a parte l’immaterialità della scheda, l’elettore deve avere un minimo di dimestichezza con un tablet touch screen. Un’altra differenza può essere riscontrata nella semplificazione del voto, ovvero l’automazione consente di escludere le schede nulle per cui l’elettore, nel momento in cui vota, deve necessariamente aderire alle opzioni di voto possibili e plausibili. Gli è consentita l’espressione di una scheda bianca, ma non ha la possibilità né di sbagliare né di annullare nei modi più fantasiosi la scheda“, continua Gratteri.
Come si può ben capire, il tema è alquanto controverso e molti Paesi europei dopo aver provato inizialmente questo tipo di votazione, hanno deciso di abbandonare il sistema elettronico e di ritornare al sistema tradizionale.
“Sull’abbandono del voto elettronico da parte dei Paesi europei hanno inciso valutazioni legate alla sicurezza del procedimento. Quando sono stati riscontrati problemi, anche piccoli, si è preferito essere molto prudenti perché il voto elettronico deve essere sicuro al 100%. Conta molto la percezione degli elettori nei confronti dello strumento. Nel momento in cui gli elettori percepiscono il voto elettronico come uno strumento non valido, allora è bene abbandonare quella strada con il conseguente indebolimento della democrazia. Inoltre, ha giocato un ruolo pesante una decisione presa dal Tribunale tedesco nel 2009, nella quale si è detto che l’elettore deve essere sempre messo in grado di controllare, in piena trasparenza, il procedimento elettorale e in Germania ciò non è accaduto. E’ fondamentale affiancare al voto elettronico la stampa cartacea del voto affinché l’elettore si renda conto della regolarità del procedimento. Che fare se il voto elettronico mostra un risultato e la prova cartacea ne mostra un altro? E’ un problema di difficile soluzione“, prosegue Gratteri.
Dunque, nonostante le controversie emerse, la Lombardia e il Veneto hanno scelto di utilizzare il voto elettronico. Perché a questo punto? “La valutazione che possiamo fare oggi è legata all’iniziativa spot che sta promuovendo la Regione Lombardia. Questa è un’iniziativa una tantum. La legge lombarda prevede consultazioni referendarie consultive con voto elettronico, ma non estende il voto elettronico al di là di questo referendum e di fronte alla possibilità di investimento economico non c’è un disegno di estensione del voto elettronico. 24.000 tablet sono costati circa 23 milioni di euro e la spesa si esaurirà con questa consultazione. Per garantirne un’altra bisognerà nuovamente fare un investimento sostanzioso”, ci dice Gratteri.
Ma c’è da aggiungere un’altra cosa. L’utilizzo del voto elettronico da parte della Lombardia, secondo Gratteri, non sarà considerato una vittoria perché “il voto verrà reso presso un seggio fisicamente individuato dove è presente il personale addetto al seggio e l’elettore andrà a votare davanti ad una sezione elettorale composta da Presidenti e scrutatori che controlleranno la regolarità delle operazioni di voto rispetto al ‘voto non presidiato’ che è il voto reso, laddove il regolamento elettorale lo consenta, al di fuori del seggio. Per quanto riguarda l’Italia l’esempio è il voto per corrispondenza degli italiani residenti all’estero”.
Per concludere, questi test saranno serviti a qualcosa? “Se c’è un progetto di lungo periodo i test servono, se sono delle iniziative spot meno. In questa occasione, un progetto di lungo periodo non c’è. Il voto elettronico è uno strumento che va di moda e che servirà, per la Lombardia e per il Veneto, per un motivo preciso. Le valutazioni, comunque, si faranno in seguito”, conclude Gratteri.
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